Torno oggi con la mia seconda proposta per l'
MTChallenge di questo mese, che verte su un argomento tanto vasto quanto poco conosciuto, almeno da me:
il riso.
Personalmente non sono mai andata più in là della cognizione che i risi semifini servono per il risotto; quando ero giovane si trovava sugli scaffali il Maratelli, considerato l'eccellenza per i risotti e oggi soppiantato dal Carnaroli. Ci è voluto l'
MTChallenge di novembre 2012 per farmi scoprire che la varietà più indicata per fare le arancine è l'Originario, ma onestamente non sono mai andata oltre.
Ci ha pensato
Acquaviva Scorre, vincitrice della scorsa edizione, a riportare la mia attenzione su uno dei cereali più importanti e diffusi del mondo, che è stato (ed è tutt'ora) l'alimento base di moltissime popolazioni sul pianeta. Dovere la propria vita a un pugno di riso non è cosa da poco, visto che
la sua coltivazione esige molte cure e un lavoro ininterrotto, dalla semina alla raffinazione, fino alla vendita al minuto; e proprio perché non è cosa da poco occorre soffermarsi e acquisire maggiore consapevolezza di quello che abbiamo davanti, come ben dice la mia amica
Francy.
E visto che questo mese trattiamo il riso, tanto vale imparare qualcosa di nuovo, no? Ecco che Acquaviva ci propone di cimentarci su 3 tecniche di cottura del riso poco conosciuti, ma che garantiscono una dispersione pressoché nulla delle sostanze nutritive del riso, e quindi una intensità di sapore che altre modalità di cottura non hanno.
Se con la mia
prima proposta ho esplorato la tecnica del pilav, oggi sperimento invece la
cottura per assorbimento, detta anche (ed erroneamente) a vapore. Perché erroneamente? Ce lo spiega Acquaviva nel suo interessantissimo post: "
[La cottura al vapore] si svolge in un cestino posto sopra acqua bollente. [...] Il fraintendimento sul nome nasce dalla traduzione inesatta (steamed rice
) da parte dei primi inglesi che hanno riportato questo metodo in Occidente: in una prima fase il riso bolle fino a che ha assorbito tutta l’acqua, dopo di che in effetti la cottura prosegue al vapore, sia a fornello acceso che nel periodo di riposo fuori dal fuoco. La definizione inglese se non altro è parziale, insomma."
Per sperimentare questo tipo di cottura semplice ed essenziale, che mantiene i sapori puliti, ho scelto di usare un abbinamento collaudatissimo, anche se diametralmente opposto all'idea di sopravvivenza cui ho accennato all'inizio del post: astice e tartufo. Il motivo è molto semplice: benché questa tecnica di cottura sia nata per i risi in bianco, io la trovo talmente sofisticata da poter entrare di diritto nella cucina "dei piani alti", proprio perché esalta le caratteristiche, la bontà e la freschezza di ogni ingrediente. Anzi, a dirla tutta la mia prima idea era quella di abbinare il tartufo all'aragosta, solo che non l'ho trovata dal mio pescivendolo di fiducia, e ho quindi ripiegato sull'astice.
Ripiego per ripiego, non ho avuto il tempo di cercare il pregiato tartufo bianco di Alba e mi sono dovuta accontentare di scaglie di scorzone nero, la varietà di tartufo meno pregiato, essiccate per giunta. Come dire che ho fatto un "piatto di lusso di seconda scelta"... ^_^